Santa Scolastica. Museo archeologico Bari. Guida alla visita
L’ambizioso progetto di valorizzazione del monastero medievale benedettino di Santa Scolastica è iniziato nel 2011 con una prima risistemazione dell’area-scavi di San Pietro e del piano terra ed è stato portato avanti per lotti di finanziamento. Del 2014 è l’apertura del bastione cinquecentesco a nord del monastero, mentre nel 2018 un nuovo intervento ha interessato nuovamente le sale al piano terra (come la sala porticata) dedicate ora all’“Archeologia di Bari”.
Nel corso del tempo l’allestimento museale si è arricchito di un ulteriore importante ampliamento al piano terra mentre il primo piano è stato ripensato per ospitare gran parte della collezione storica del Museo Provinciale
L’ultima fase dei lavori descritta dal volume prevede l’allestimento delle sale al secondo piano che ospiteranno la sezione “Uomini, prodotti e idee e in viaggio”: una narrazione della romanizzazione del territorio e delle vicende che determinarono il volto bizantino in Terra di Bari, oltre che all’esposizione di una ricca raccolta numismatica e di una glittoteca
Attualmente il Museo, è al centro di un ulteriore progetto di valorizzazione che prevede il completamento dell’allestimento del terzo piano e la risistemazione degli spazi esterni scoperti (post “La ricerca archeologica nell’area di San Pietro e nel cantiere di restauro del monastero di Santa Scolastica”).
L’obiettivo è la piena restituzione alla fruizione di tutto il complesso, valorizzando la densità dei significati e delle valenze archeologiche e storico-architettoniche al fine di mostrare l’immagine diretta e contestualizzata della stratificazione culturale della città mirando in tal modo al coinvolgimento emozionale, ancorché culturale, del visitatore (scheda-comunicato stampa del Mibac del 2011).
Gli interventi, che hanno riguardato aspetti museografici, strutturali e ambientali, hanno reso quegli spazi, connotati da forti valenze storico architettoniche, idonei alle nuove destinazioni rendendo anche possibile la lettura della complessa stratigrafia del Monastero. È un valore aggiunto che restituisce alla città la sua eredità culturale e identitaria e che è in continuo dialogo con le collezioni esposte.
Il programma espositivo delle collezioni è organizzato per sezioni tematiche e cronologiche che ruotano intorno al tema principale: l’archeologia dell’antica Peucezia […] L’offerta museale è ricca e composita: la visita si articola su livelli diversi in cui architetture, storia e archeologia si integrano, ma possono anche costituire percorsi a sé (pag. 8*).
Al piano terra si trovano le sezioni:
- Vita nel monastero
- Iapigi e Greci nella Puglia antica
- La collezione Polese
- Archeologia di Bari
Arricchiscono il percorso museale del piano terra:
- Il Bastione
- Il cortile occidentale A
- Il cortile centrale B
- Il cortile meridionale C
- L’Area Archeologica di San Pietro
Al primo piano:
- Preistoria e protostoria in Terra di Bari
- Antiche genti di Puglia: i Peucezi
Al Piano Terra il percorso di visita si muove su due indirizzi.
Il primo prende l’avvio dal Bastione cinquecentesco attraverso la cosiddetta “porta a mare” ed è essenzialmente incentrato sulla storia del complesso monastico, sulla sua evoluzione architettonica nel tempo, sull’archeologia del sottosuolo […]; l’uscita dal bastione nell’area archeologica di San Pietro completa l’itinerario (pag. 19*). Questo percorso mira a privilegiare la comprensione storica e la valenza archeologica del luogo attraverso le suggestioni monumentali.
Il secondo si sviluppa partendo da Via Venezia con una impostazione espositiva articolata per aree tematiche che riprendono, aggiornate e arricchite dalle più recenti ricerche condotte dalla Sovrintendenza nel territorio, l’impostazione e la mission del Museo Archeologico Provinciale di Bari istituito nel 1875 attento raccoglitore di archeologia, storia e memoria del proprio territorio (pag. 19*)
Vita nel monastero
La sezione è stata pensata per il valore ambientale del luogo perché consente di contestualizzare il corposo rinvenimento di reperti avvenuto nel profondo pozzo al centro della sala.
Essi sono raggruppati secondo un ordine tipologico, comprendono: vasi da tavola e da dispensa, ceramiche grezze utilizzate per la cottura dei pasti giornalieri, lucerne per l’illuminazione. Oltre a piatti, ciotole e boccali usati per imbandire la tavola.
Iapigi e Greci nella Puglia antica
In questa sala è esposta una significativa selezione delle produzioni ceramiche indigene e greche, provenienti dalle necropoli della Puglia, databili tra VI e III secolo a.C., che costituiscono uno dei nuclei più importanti del Museo Archeologico di Santa Scolastica (pag. 39*).
Ai prodotti artigianali adorni di rigorose geometrie, peculiari delle tre aeree etnico-culturali (Daunia, Peucezia, Messapia) in cui si articolò nell’VIII sec. a. C. la Iapigia, si contrappongono quelli, importati dalla Grecia o provenienti dalle botteghe magnogreche, che esibiscono eleganti rappresentazioni mitologiche o ispirate al vissuto quotidiano (pag. 39*).
La collezione Polese
Nella sala del monastero identificata come l’antico refettorio è presente la Collezione Polese, composta da 2000 oggetti raggruppati, secondo un criterio squisitamente collezionistico, per classi di produzione. La collezione fu acquisita dal Museo Archeologico della Provincia di Bari nel 1925 e sebbene decontestualizzati, i materiali offrono una ricca rassegna delle produzioni artigianali circolanti nella Puglia antica (https://www.museoarcheologicosantascolastica.it): ceramica corinzia e attica (600-450 a.C.); ceramiche a figure rosse della Magna Grecia: vasi lucani e apuli (425-365 a.C.); ceramiche indigene daunie, peucete e messapiche (fine XI-fine VI sec. a.C.); ceramica apula a vernice nera e con decorazione sovraddipinta (500-300 a.C.); terrecotte figurate (IV-II sec. a.C.); bronzi (400-300 a.C.); vetri (I sec. a.C.-I sec. d.C.), oggetti di ornamento (VI-I sec. a.C.): diademi, fibule, collane e gemme
Archeologia di Bari
La sezione Archeologia di Bari si snoda lungo il vano porticato.
Architettura e archeologia si incontrano, si fondono e si esaltano vicendevolmente.
Il vano porticato è stato costruito dalla Badessa benedettina Giusanda Sebaste nei primi decenni del XII secolo e, con la sua sequenza di arcate, scandiva il dormitorio delle monache che lì vi hanno abitato. Gli scavi hanno consentito di precisarne l’architettura originaria e la funzione. Tra i reperti rinvenuti vi è una epigrafe marmorea, che oggi accoglie i visitatori all’ingresso della sala espositiva, che documenta proprio i lavori di ampliamento voluti dalla badessa.
La collezione rappresenta, e non solo ideologicamente, un viaggio nel tessuto archeologico della città. Un’esposizione dedicata esclusivamente alla città di Bari, composta da reperti frutto di ritrovamenti e indagini sul territorio cittadino e dalle fondazioni dello stesso bastione del complesso.
Un’unica grande vetrina in cui le testimonianze archeologiche esposte propongono un viaggio a ritroso nel tempo e nei luoghi per narrare il percorso di formazione della città di Bari a partire dal Medioevo (IV-X sec. d.C.) rappresentato da un corredo funerario, pitture parietali e monete bizantine; passando per l’età romana (III sec. a.C. – III sec. d.C.) con strumenti da lavoro, piccoli gioielli e contenitori da mensa; continuando per l’età classico-ellenistica (V-IV sec. a.C.) di cui sono esposti una serie di corredi funerari: oggetti di uso reale, in prevalenza funzionali alla mensa e, in particolare all’uso rituale del vino; e l’età arcaica (VII-VI sec. a.C.): un cratere a decorazione geometrica, una punta di lancia, due coppe di importazione greca e una brocchetta coloniale; fino ad arrivare ai reperti del villaggio iapigio (900-700 a.C.): olle, brocchette, ciotole e scodelle; e quelli dell’età del Bronzo (1800-1100 a.C.): contenitori in ceramica, vasi di piccole dimensioni, attrezzi da lavoro in osso e in pietra dura, fuseruole in argilla e rondelle in osso per la tessitura.
Un nastro espositivo narrativo in cui i temi del rito del simposio, del mondo femminile e dei rituali funebri consegnano al visitatore la ricchezza della storia e delle tradizioni.
Completano la sala tre testimonianze epigrafiche delle vicende e personaggi che hanno dato lustro a momenti importanti della vita del monastero (pag. 92*); stele marmoree di età romana; due pregiati crateri a campana apuli: uno a figure rosse del 380-370 a.C. e l’altro a figure nere risalente al 480-470 a.C.; un raffinato bicchiere in vetro lavorato a mola, considerato prodotto di lusso, della seconda del I sec. d.C. e una testa in marmo bifronte (erma) datata I-II sec. d.C.
Il Bastione
Il Bastione è la monumentale “porta a mare” del museo.
È stato voluto dalla duchessa di Bari e regina della Polonia Bona Sforza all’interno di un progetto di fortificazione delle mura della città. Le sue fondamenta si impostano sulla preesistente chiesa bizantina dei santi Giovanni e Paolo, databile tra fine X e inizi XI secolo, di cui sono visibili il piano pavimentale e le fondazioni. I successivi scavi hanno permesso di definirne l’impianto.
Il percorso di visita, realizzato con un sistema di passerelle dotato di parti in cristallo che si snoda lungo il perimetro del bastione, consente di apprezzare dall’alto non solo le strutture e il piano pavimentale dell’antica chiesa, con annessa area cimiteriale, ma anche significativi spaccati della stratificazione archeologica dell’area (*pag 86)
I cortili
Le aree archeologiche dei cortili sono state inserite nel percorso di visita per restituire la continuità insediativa dei luoghi tra età del Bronzo (1500 a.C.) e XII sec.
Gli interventi di valorizzazione hanno consentito il restauro delle strutture archeologiche ivi presenti.
In particolare nel cortile centrale sono visibili: circuito murario antico, cinta urbane del X-XI sec., setti murali trasversali di collegamento del XII e mura di cinta di fine XII sec. Si trovano anche: resti di un grande abitato dell’età del bronzo, tombe di età classico-ellenistica che documentano la necropoli peucezia i cui corredi sono esposti nella sezione “Archeologia di Bari”, resti di domus romana del I sec a.C., una serie di reperti di età romana.
Nel cortile meridionale sono visibili: le mura di cinta del IV sec. a.C. articolate in una cortina esterna e un’altra interna impostata su suoli protostorici, quest’ultima viene revisionata sia tra IX-X sec. con la risagomatura dei conci e l’aggiunta di legante sia nel XI sec. con aggiunte significative di setti murari di diversa composizione; cisterne risalenti all’XI sec., ricavate da ambienti nelle mura; e un deposito in terra ricco di frammenti ceramici del XV-XVI sec.
Area Archeologica di San Pietro
Parte integrante e di completamento della visita del museo è l’area archeologica di San Pietro di cui si è già detto nel post “La ricerca archeologica nell’area di San Pietro e nel cantiere di restauro del monastero di Santa Scolastica”.
Al Primo Piano:
Proseguendo al primo piano, il focus si restringe sull’archeologia dell’antica Peucezia, con un arco temporale ampio, dalla Preistoria all’età ellenistica (*pag. 8)
Si trovano le sezioni:
Preistoria e protostoria in Terra di Bari
Alla sezione sono dedicate due sale e i reperti in esposizione documentano un ampio arco temporale che va da un milione e mezzo di anni fa all’età del Bronzo.
È una sezione particolarmente suggestiva non solo per il cospicuo numero di evidenze archeologiche in mostra ma anche perché documenta le tappe fondamentali di questo lungo itinerario nel tempo della nostra terra e contemporaneamente narra la storia della formazione del Museo che dagli inizi del XX sec. diviene un significativo propulsore delle ricerche archeologiche sul territorio
La narrazione delle vicende preistoriche prende le mosse dal Neolitico attraverso il racconto di alcuni reperti da scavo, particolarmente rappresentativi, che consentono di ricostruire un quadro complessivo delle comunità stanziate per circa duemila anni in terra di Bari, tra il 6000 e 4000 a.C. (pag. 121*).
I reperti esposti sono le vestigia del nostro passato. Consegnandoci la storia ci permettono di restituire al presente il mondo dei nostri avi: le attività lavorative quotidiane, l’alimentazione, il modo di erigere le capanne del villaggio, i modi di vita, l’economia (attività di scambio di materie prime come selce e ossidiana, bitume e cinabro con prodotti finiti come strumenti ottenuti tramite scheggiature quali lame in selce, falcetti, raschiatoi, accette di pietra verde), l’organizzazione sociale delle prime comunità, la qualità dell’artigianato (grandi vasi di uso domestico, piatti, ciotole, scodelle, tazze, vasi a collo), gli attrezzi da lavoro che potevano essere in pietra, in osso o legno destinati all’agricoltura, alla caccia alla produzione alimentare, al taglio e alla lavorazione del legno, fibre vegetali e pellame (come lisciatoi, macine, asce, accette, punte, spatole, aghi, stecche, manici)
La sezione è frutto dagli scavi eseguiti sugli abitati insediativi del Pulo di Molfetta, di Balsignano sulla Lama Lamasinata (alla periferia di Modugno), di Ciccotto sull’altura di Botromagno (Gravina in Puglia), di Scamuso (oggi al confine tra Bari e Mola di Bari), dell’area di Rutigliano
Sono soprattutto le testimonianze funerarie e dei cerimoniali ad aiutarci a risalire ad aspetti sociali delle comunità neolitiche […] (pag. 144*): i luoghi di inumazione dei propri defunti (Grotte della Tartaruga, di Cala Scizzo, di Cala Colombo e Pacelli, ipogei di Santa Barbara), il modo di deporli insieme a corredi funerari con ceramiche dall’alto valore simbolico (come le testine femminili in argilla a tutto tondo, i protomi zoomorfe, le ceramiche dipinte in Serra d’Alto con una elaborata decorazione meandro-spiralica: tazze e vasi, i volti stilizzati), strumenti da lavoro e di uso quotidiano in pietra e osso (strumentazione in selce e ossidiana, macina in calcare, accettine in pietra verde) e ornamenti ci narrano di comunità con un senso di una religiosità propiziatoria e benevola.
Dell’età del Rame in Terra di Bari viene proposta in esposizione una selezione di contesti abitativi, rituali e funerari di età differente (Monte Sannace, Gioia del Colle e Andria), che documentano lo sviluppo e gli aspetti eterogenei di questa lunga fase della Preistoria, fortemente innovativa per l’avvento di nuovi saperi e tecnologie, al seguito dell’introduzione e della circolazione in Italia meridionale del metallo, sotto forma di materie prime e di oggetti finiti (* pag. 155).
Ciotole e scodelle in ceramica di varia tipologia e decorazione, ollette, vasi troncodicono, a fiasco, biconici, aperti, strumentario in selce di piccole dimensioni a dorso (punte e lame), strumentazioni in pietra levigata, punta di freccia foliata, sono solo alcuni dei reperti in esposizione.
L’Età del Bronzo in Terra di Bari è caratterizzata sia da intensi scambi economici attivi via mare soprattutto con i ricchi territori affacciati sull’Egeo fautori di nuove tipologie di merci, tecniche artigiane e nuovi impulsi culturali sia legati alla stanzialità della popolazione dedita all’agricoltura, alla pastorizia, alla caccia, alla produzione alimentare (come la lavorazione dei derivati del latte: coperchi di bollitoio; la produzione di olio di oliva) e alla metallurgia in bronzo con produzione di armi, ornamenti e strumenti da lavoro (asce piatte, asce a cannone) per l’agricoltura e la carpenteria ad opera di artigiani specialisti (*pag. 168)
Antiche genti di Puglia: i Peucezi
La sala al primo piano del Museo è dedicata ai Peucezi, che in età preromana occupavano l’attuale provincia di Bari, oltre a parte del Tarantino e della Basilicata interna. Essi costituivano, con i Dauni e i Messapi, insediati rispettivamente nella parte settentrionale della Puglia e nel Salento, uno di tre gruppi minori in cui si articolò il popolo degli Iapigi, secondo un processo di differenziazione, avviato a partire dall’VIII sec. C., al quale concorsero sicuramente apporti culturali esterni (* pag. 179).
L’esposizione è articolata per temi, al fine di illustrare i vari aspetti della civiltà indigena della Puglia centrale dall’età arcaica a quella ellenistica:
- il mondo maschile
rappresentato:
dal corredo funerario della tomba IV/1905 di Noicattaro.
Databile al secondo quarto del VI sec. A.C., il complesso si caratterizza per la presenza di una preziosa panoplia difensiva in bronzo di produzione greca (* pag. 184): un grande scudo in bronzo con imbracciatura, coppia di borchie a rosetta, un cinturone in bronzo decorato a sbalzo, due lamine in bronzo decorate a sbalzo con scene di combattimento mitico, e vasi di importazione corinzia
da un elmo in lamina lavorata a martello datato 600-500 a.C.
- il mondo femminile
in esposizione raffinate oreficerie: pendaglio decorato a sbalzo, coppia di dischi ornamentali decorati in filigrana e granulazione, sontuose parure ornamentali in oro, argento e ambra, anello in oro e corniola, coppia di orecchini in oro, granato, perla e pasta vitrea, pendaglio in oro a testa con caratteri negroidi; ricchi set di ceramiche da simposio; monili: fibule in argento e in ferro, pendagli in ambra e osso; piccoli contenitori in alabastro; ceramiche apule figurate che rimandano con evidenza al mondo femminile e al piacere di adornarsi (* pag. 196)
- i riti del simposio
rappresentati dai corredi funerari delle tombe 2 e 8/1929 di Ceglie del Campo databili alla prima metà del V sec. a.C. Entrambi i corredi sono articolati in svariate forme di tipo greco atte a contenere, mescere e consumare il vino rimandano a diversi livelli socioculturali (* pag. 192).
Il corredo della tomba 2 comprende raffinate ceramiche di produzione greca e magnogreca (cratere a colonnette a figure rosse) e vasellame metallico attribuibile ad artigiani magnogreci (olpe in bronzo, colino in bronzo). Il corredo della tomba 8, invece, comprende vasi di produzione locale a stile misto (ovvero decorato a fasce e con motivi floreali)
È esposto anche un tripode in bronzo con piedi a zampa leonina
- spettacoli
in esposizione: cinque pregevoli crateri apuli a figure rosse raffiguranti rappresentazioni attinte al teatro fliacico
- culti
alcuni oggetti rituali, rinvenuti durante le campagne di scavo a Rutigliano-Madonna delle Grazie, e in esposizione in questa sala del Museo, rimandano al culto di importanti divinità del pantheon greco, quali le statuette in terracotta raffiguranti Afrodite e Afrodite ed Eros. Rara attestazione del culto di Apollo in area indigena è il prezioso bronzetto raffigurante Apollo rinvenuto nel 1904 a Ceglie del Campo