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“Xylella? Non era necessario abbattere migliaia di ulivi. Estirpato un patrimonio millenario”. L’intervista alla prof.ssa Margherita Ciervo

“Xylella? Non era necessario abbattere migliaia di ulivi. Estirpato un patrimonio millenario”. L’intervista alla prof.ssa Margherita Ciervo

“Xylella? Non era necessario abbattere migliaia di ulivi. Estirpato un patrimonio millenario”. L’intervista alla prof.ssa Margherita Ciervo

BARI- Da molti è stata definita la peste degli ulivi. Sono passati dieci anni dalla rilevazione ufficiale della presenza di xylella sugli ulivi del Salento e dall’adozione delle misure di emergenza per contrastarla. Altrettanto numerose sono state le iniziative di approfondimento sul piano scientifico, ma non lo stesso si può dire per iniziative di confronto multidisciplinare, ad eccezione dell’importante evento organizzato dalla Società Geografica Italiana lo scorso 30 ottobre nella sede di Roma. Ma c’è anche chi ha indirizzato i propri studi e speso le proprie energie per individuare la soluzione a questa tragedia ambientale, agricola e paesaggistica che si è abbattuta sulla Puglia colpendola nel suo simbolo più identitario. E’ la professoressa Margherita Ciervo, Geografa, docente di Geografia Economico-Politica all'Università di Foggia e Associate researcher  al LAPLEC, Laboratory for the Analysis of Places, Landscapes and European Countryside, University of Liège (Belgio). Dal 2015, attraverso le sue pubblicazioni scientifiche, la professoressa Ciervo ha portato anche all'attenzione delle istituzioni e dei cittadini i dati del fenomeno xylella e le risultanze scientifiche convinta che, la perdita di una distesa infinita di ulivi a seguito degli abbattimenti, non fosse la ‘soluzione’ al problema da dover accettare con rassegnazione.

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Provincia di Lecce, ottobre 2023. Campo con piante di ulivo rilevate positive a Xylella nel 2015. Gli ulivi non sono stati abbattuti a seguito di un ricorso e oggi, a distanza di otto anni, sono ancora in buono stato vegetativo e produttivo.

Professoressa Ciervo, sono passati dieci anni dal rilevamento ufficiale del batterio da quarantena Xylella Fastidiosa in Puglia e in piante di ulivo. Ad oggi quali sono i dati in suo possesso in merito agli ulivi dichiarati infetti e a quelli abbattuti?

I dati ufficiali della Regione Puglia ci dicono che da novembre 2013 a giugno 2023 le piante analizzate sono state 1.203.238 di cui 14.154 dichiarate positive con tasso di incidenza medio pari a 1,18% che, negli ultimi anni, ha rasentato lo 0% (0,70% nel 2020, 0,06% nel 2021 e 0,14% nel 2022). In particolare, i dati riferiti al periodo giugno 2022-giugno 2023 attestano che, finanche in area infetta dove si applicano misure di contenimento, la percentuale delle piante positive a Xylella (148) sul totale analizzato (66.049), non supera lo 0,22% (0,14% se si considera la totalità dell’area monitorata). Del resto, il numero di piante positive al batterio rilevate in questi dieci anni (14.154) è di gran lunga inferiore rispetto alle piante con sintomi di disseccamento rilevate durante i monitoraggi (60.591, e si consideri che questo dato si riferisce solo a 8 anni). Questo significa, inconfutabilmente, che le cause del disseccamento sono altre rispetto alla sola presenza di Xylella. Per quanto riguarda le piante abbattute dal 2013, a seguito dalle campagne di monitoraggio, i dati ufficiali indicano che sono 15.100 di cui quasi la metà, ovvero 6.282, solo nelle ultime due campagne di monitoraggio (2021/2022-2022/2023). Inoltre, è bene rilevare che di queste ultime solo 490, sottoposte ad analisi, sono risultate positive, mentre le altre 5.792 sono state abbattute perché presenti nei 50 metri di raggio dalla pianta positiva. Si tratta di olivi presenti nella Piana degli ulivi monumentali (nei Comuni di Ostuni, Fasano e Monopoli) e nei Comuni di Castellana Grotte, Alberobello, Putignano, Locorotondo e Polignano a Mare della provincia di Bari, la maggior parte dei quali sono plurisecolari e finanche monumentali, compresi quelli censiti, oltre ad alberi di ciliegio e mandorlo e ad altre piante ospiti

Come mai le piante abbattute negli ultimi due anni sono oltre il 1200% (6.282) in più di quelle dichiarate infette (490)?

Questo è imputabile alla normativa europea e regionale che prevedono l’abbattimento di tutti gli ulivi e delle altre piante ospiti presenti nel raggio di 50 metri dalla pianta rilevata positiva al batterio (corrispondente alla superficie di quasi un ettaro), compresi gli ulivi plurisecolari e monumentali in ottimo stato produttivo senza necessità di ulteriori analisi. Tale normativa viene applicata nonostante sia stata rilevata un’incidenza bassissima della presenza del batterio, ovvero lo 0,06% nel 2021 e lo 0,14% nel 2022.

Quindi in dieci anni di applicazione delle misure di emergenza sono state abbattute 15.100 piante. Conferma?

15.100 sono solo le piante che risultano abbattute in seguito alle analisi disposte dalla Regione Puglia. A queste devono aggiungersi gli ulivi che vengono incendiati da almeno quattro estati a questa parte in Salento e i 3.829.991 ulivi oggetto delle richieste di espianto pervenute alla Regione Puglia nel febbraio 2021 (Det. 86/2021) in risposta a un avviso pubblico. Questi ultimi, in particolare, in virtù del D.L. 27/2019 trasformato poi nella Legge del 21 maggio 2019 n. 44, possono essere espiantati anche se monumentali e senza l’obbligo di dimostrare né la presenza di Xylella né, tanto meno, del disseccamento. Questi numeri comportano la distruzione del paesaggio su grande scala, uno stravolgimento geografico gravissimo sia per estensione sia per velocità che assume i contorni di un ecocidio vero e proprio, non solo con riferimento al senso letterale del termine ma anche a quello giuridico, ovvero “agli atti deliberati con una significativa probabilità che tali atti causino danni all’ambiente gravi e diffusi o di lungo termine”. Vale la pena ricordare che tale definizione è stata assunta dal Parlamento Europeo che ha approvato una proposta di direttiva affinché l’ecocidio sia considerato un reato penale in tutta l’Unione Europea. Alla distruzione del paesaggio, si aggiunge la distruzione dell’economia locale, la svalutazione fondiaria, la svendita dei terreni, nonché la concentrazione della terra nelle mani dei grandi capitali associata all’ulteriore spopolamento delle campagne e dei piccoli Comuni.

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Prof. Margherita Ciervo, Geografa

Prof.ssa Associata di Geografia Economico-Politica (M-GGR/02), PhD
Università degli Studi di Foggia
Dipartimento di Economia, Management e Territorio

Lo stato di emergenza richiesto dalla Regione Puglia e concesso dal Governo nazionale nel febbraio 2015 è stato reiterato fino a febbraio 2016. La situazione dal punto di vista paesaggistico era tale che nel 2019 si firmò un protocollo d'intesa tra il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e la Regione Puglia per la ricostituzione del paesaggio in aree a vincolo paesaggistico in zona infetta. Oggi, a quattro anni di distanza, sentiamo affermare dal mondo scientifico che l'emergenza è definitivamente superata, perché?

In primis, bisogna chiarire che l’emergenza deve considerarsi superata con la fine dello stato di emergenza a febbraio 2016. Da quel momento in poi il problema del disseccamento degli ulivi e quello della presenza del batterio da quarantena sarebbero dovuti essere affrontati nel rispetto delle leggi in vigore - compresi il Codice dell’Ambiente, il Codice dei Beni Culturali, il PPTR - e della nostra Costituzione. Così non è stato. Di fatto, i decreti ministeriali che hanno reintrodotto il Piano nazionale di emergenza contro Xylella (DM del 13/2/2018 e DM del 24/1/2022), essendo degli atti amministrativi, non avrebbero potuto sospendere l’efficacia delle leggi. Pertanto, la loro imposizione si configura come un vero e proprio stato di eccezione che, attraverso la sospensione del diritto da parte del decisore politico, ha creato uno stato di emergenza permanente quanto improprio. Del resto, anche i decreti legge, benché trasformati in legge, sono atti normativi di carattere provvisorio da adottare in casi straordinari di necessità e di urgenza, caratteristiche che non sembrano poter ricorrere dopo la fine dello Stato di emergenza. I dati su citati insieme, da un lato, alla presenza accertata anche scientificamente di piante positive al batterio in pieno stato produttivo e, dall’altro, all’esistenza di protocolli scientifici (oltre che empirici) capaci di far ritornare gli ulivi disseccati, anche in presenza di Xyella, in pieno stato produttivo, dimostrano senza ombra di dubbio che la convivenza con il batterio sia del tutto praticabile. Pertanto, le misure di estirpazione imposte come misura di contenimento sono da ritenersi del tutto infondate.

Del resto, la mancanza di una vera e propria emergenza è stata attestata anche in sei sentenze del marzo 2023, emesse dalla Terza Sessione del TAR-Bari, che hanno sancito che «l’eradicazione urgente di un albero di olivo monumentale è illegittima qualora l’obiettivo di contrastare la diffusione della Xf possa perseguirsi attraverso misure fitosanitarie meno drastiche» e che «le ragioni che hanno indotto l’autorità regionale ad adottare la drastica misura dell’eradicazione dell’olivo dei ricorrenti non corrispondono, ad avviso del Collegio, ad uno scenario di vera e propria emergenza fitosanitaria, pur nella doverosa considerazione di una non facile criticità da affrontare nel territorio pugliese» sulla base del fatto che gli alberi «risultati positivi a Xf siano ad oggi in ottimo stato vegetativo e produttivo», contrariamente a quanto veicolato tramite i media da dieci anni a questa parte

Possiamo, quindi, affermare che ci siano tutti i presupposti per gestire il paesaggio olivicolo della Puglia meridionale tornando alla normalità?

Certamente. Una tale misura, anzi, è del tutto urgente data la distruzione in corso che continua a perpetuarsi a spese del paesaggio, dell’ambiente e dell’economia locale senza alcun fondamento, considerato che in dieci anni le misure di lotta a Xylella imposte dal decisore politico non sono state in grado di raggiungere l’obiettivo preposto, ovvero l’eliminazione del batterio. L’urgenza di ritornare a una gestione ordinaria del paesaggio olivicolo è dettata anche dal fatto che allo stato attuale le uniche varietà di ulivo che è consentito impiantare in zona infetta sono la Leccino (non autoctona e autosterile) e la Favolosa (brevettata), entrambe adatte a impianti intensivi e superintensivi e sostenute da finanziamenti pubblici che il Ministero dell’Ambiente (2019) ha classificato fra i «sussidi ambientalmente dannosi» (SAD) in quanto incentivano «un reimpianto con piante tolleranti al batterio che favorisce una riduzione di diversità di specie esponendo le stesse a nuove epidemie in futuro».

In questi anni sono state fatte oltre trecento pubblicazioni di relative ricerche in merito al fenomeno della Xylella, quali sono i risultati di tanto studio? E’stata trovata la cura per il disseccamento dell’olivo?

La maggior parte degli studi scientifici finanziati da fondi europei si è focalizzata sul batterio e sulla ricerca di varietà resistenti ad esso. Altri studi, invece, hanno dimostrato che è possibile far ritornare ulivi disseccati, anche in presenza di Xylella, in pieno stato produttivo. Per esempio, fra questi vi è il protocollo Scortichini, la cui efficacia è stata ulteriormente confermata sulla base di rilevazioni satellitari (Blonda P. et al., 2023), che è stato applicato a varietà autoctone di olivi anche plurisecolari (Cellina di Nardò e Ogliarola salentina) e anche positivi a Xylella, in campi di diverse centinaia di ettari ubicati in piena zona infetta (e confinanti con terreni con ulivi disseccati). Il risultato raggiunto è una produzione media annua fra i 40-60 quintali per ettaro. Del resto, anche l’applicazione di strategie empiriche è arrivata a risultati analoghi. Inoltre, è il caso di ricordare che le varietà autoctone sottoposte ai protocolli su citati hanno raggiunto gli stessi risultati attesi dalle varietà dichiarate tolleranti come il Leccino ovvero, pur contraendo l’infezione, sono capaci di reagire e di ripristinare la piena produttività. Tuttavia, al contrario del Leccino (che, come detto, è finanziato da soldi pubblici), le varietà autoctone non solo non possono essere piantate, ma gli ulivi plurisecolari e perfino millenari - anche in perfetto stato produttivo che, di fatto, mostrano resistenza al batterio - continuano ad essere abbattuti in una completa mancanza di senso sul piano logico, oltre che fitopatologico

Però, anche se il 90% delle ricerche è sulla fitopatologia e non sulla cura, guardando gli ulivi salentini e la loro significativa ripresa in questi ultimi due anni, il dato certo è che sembrerebbe difficile affermare oggi che per fermare il fenomeno ora in corso nella provincia di Bari l'unica soluzione possibile sia l'abbattimento. Cosa ne pensa?

Che l’abbattimento non fosse la soluzione per bloccare l’avanzamento del batterio era già noto alle istituzioni fin dal 2015 quando l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, in un parere scientifico sull’efficacia delle misure attuate contro Xylella reso alla Commissione Europea, chiariva per l’appunto come fosse praticamente impossibile eradicare il batterio una volta insediatosi nel territorio. Al riguardo e sulla base di un’approfondita revisione della letteratura scientifica, l’EFSA richiamava i tentativi falliti di eradicazione del batterio tramite abbattimento: in Brasile (in seguito ai quali la percentuale di piante infette è più che raddoppiata), a Taiwan (dove la malattia persiste nonostante la rimozione tempestiva delle piante) e in California (dove l’estirpazione dei vigneti non ha portato alcun beneficio) e ribadiva che l’eradicazione «non è un’opzione di successo», una volta che una malattia si è stabilita in un’area «come nel caso pugliese» (dove mancano le condizioni fondamentali per poter eradicare il patogeno). Pertanto, se l’abbattimento non rappresentava una soluzione alla presenza di Xylella nel passato, tanto più non lo rappresenta oggi. Da qui dovrebbe sorgere spontanea una domanda. Come mai l’Italia e, in particolare la Puglia, hanno accettato di attuare delle misure drastiche e irreversibili nei confronti di un patrimonio olivicolo millenario di inestimabile valore storico-paesaggistico, oltre che ambientale e socio-economico, nonostante la letteratura scientifica internazionale (disponibile già nel 2013) e l’EFSA dimostravano che l’abbattimento delle piante positive a Xyella non fosse un’opzione di successo?

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